Visualizzazioni totali

mercoledì 25 aprile 2012

I SEMI

Mele, pesche, uva, ciliegie, cocomero sono tutti frutti che contengono semi.
Le piante, infatti, producono i loro frutti al solo scopo di proteggere e diffondere i loro semi che, se non fossero ben protetti, difficilmente riuscirebbero a realizzare lo scopo per il quale sono stati creati: perpetuare la specie.
In ogni seme si distinguono embrione, albume e tegumenti. L’embrione è la parte essenziale del seme, in sostanza è una pianta in miniatura: è composto da una radichetta, un fusto e uno o due abbozzi fogliari detti coetiledoni. L’albume è la sostanza di riserva destinata a nutrire l’embrione al momento della germinazione, mentre i tegumenti formano la buccia del seme ed hanno lo scopo di proteggere il seme e a volte di favorirne la dispersione.
Il seme, quindi, è la parte della pianta atta a garantire la sopravvivenza della specie e conserva la propria germinabilità per un tempo che varia da specie a specie. Alcuni devono germinare appena staccati dalla pianta altrimenti muoiono (come i semi di salice), altri si conservano molto più a lungo (come i semi che contengono sostanze amidacee, ad esempio il grano), altri sono molto più longevi (i semi di trifoglio).
Ma quand’è che un seme, invece, decide che ci sono le condizioni giuste per germinare?
Questo piccolo concentrato di vita, ai nostri occhi, sembra una cosa secca, morta. Invece esso continua a respirare e contiene una piccola percentuale di acqua che gli permette di aspettare, quiescente, le condizioni adatte per germinare. Esse sono: presenza di ossigeno (il quale permette di demolire il glucosio e partecipa al processo di fotosintesi assieme alla luce); luce (che, come prima citato, è necessaria al processo di fotosintesi); acqua (la quale permette di riprendere i processi metabolici sospesi ed, in tal modo, è possibile la crescita dell’embrione); infine la temperatura.
Un seme maturo, quindi, posto in un terreno umido con una temperatura adatta, germina: innanzitutto assorbe acqua con la quale si compiono nell’embrione complesse reazioni chimiche, alcune sostanze si trasformano in altre che servono all’embrione per costruire le cellule e svilupparsi. Mentre il seme assorbe acqua, si gonfia fino a rompere il tegumento che lo avvolge ed è pronto a germinare: attraverso la spaccatura esce la radichetta, e anche il fusticino si allunga ed esce dalla terra e si dirige verso l’alto, verso la luce. I cotiledoni assorbono il nutrimento dall’albume e cominciano ad aprirsi, dando luogo alle prime due foglioline attraverso le quali la piccola piantina comincerà a fotosintetizzare e a nutrirsi da sola.
L’energia che il seme crea, per dar vita al fenomeno della germinazione, si chiama energia germinativa: essa è limitata e sufficiente a permettere alla piantina di uscire dal seme e di sbucare dal terreno per alimentarsi, poi, da sola.
Ma come facciamo a capire a che profondità possiamo mettere il seme? Solitamente si considera come profondità massima il doppio della lunghezza del seme stesso: il rischio, se lo mettiamo troppo in profondità, è che la piantina, grazie all’energia germinativa, si sviluppi, ma non abbastanza da sbucare in superficie.
E per finire, un sorriso: il frutto della Lodoicea maldivica, una palma conosciuta anche con il nome di coco de mer, ha un diametro di 50 cm e pesa dai 15 ai 22 kg e contiene il seme più grosso del mondo. La sua particolarità è quella di assomigliare al sedere di una donna.
Anche questa volta la Natura ha giocato d’anticipo: la velina vegetale l’ha inventata prima Lei…

Nessun commento:

Posta un commento